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(in precedenza: L’ultima alba)

– E ora, cosa vedi?

Kreb Korbo, ufficiale pilota di prima classe, sbuffò piano nel microfono e trattenne un’imprecazione.
– Con l’età stai diventando noioso, Zic.
– Può darsi. Ma tu cosa vedi?
– Lo stesso di un minuto fa.
– Cioè? Ripetimelo per favore, perché forse prima non ho capito bene.
– Nebbia, solo nebbia.
– Sarebbe a dire che non vedi niente.
– Esatto.
– E non credi che sarebbe il caso di ritirarci più indietro?
– No. Manteniamo la posizione fino a nuovo ordine.
– O fino a che dalla nebbia non salta fuori qualcuno a farci la festa.
– Zitto un po’.
– Perché? Non ho ragione?
– Perché al momento ho altro a cui pensare. Quimby dice che potrei avere un problema.
– Di che genere?
– Smorzatori inerziali. Braccio destro.
– Roba seria?
– Non lo so. Ora controllo. Arretro di qualche passo, tu intanto coprimi. E stai buono per qualche minuto.
– D’accordo, capo.

Quimby, il sistema di supporto pilota, in realtà non gli stava segnalando nulla. Ma Kreb Korbo aveva preso tempo per poter riflettere sulla situazione in silenzio, senza che il suo compagno gli desse il tormento.
Avviò quindi il programma di auto-diagnostica del proprio alter, selezionando i controlli di mobilità dell’arto superiore destro. E mentre il braccio dell’enorme esoscheletro corazzato fletteva e si distendeva, eseguiva torsioni e rotazioni, dapprima per gradi e poi sempre più veloce, Kreb cercò di valutare il da farsi.

Tutti gli strumenti elettronici di rilevamento a breve e medio raggio, termocamere comprese, erano inservibili, così come gli apparati di comunicazione. La radio a onde corte gli permetteva a stento di tenersi in contatto con Zicander, ora fermo tre o quattro passi davanti a lui.
Dagli apparecchi degli altri due compagni, posizionati a meno di cinquanta click (°) dalla sua posizione, solo crepitii. Nella nebbia, le sagome color deserto dei loro alter erano appena distinguibili, e per giunta era quasi il tramonto. Non appena sopraggiunta la notte la visuale sarebbe calata in modo drastico, e in quelle condizioni, anche con le potenti ottiche di cui disponevano, rimanere di sentinella sarebbe diventato pressoché inutile.
E pericoloso.

Nel frattempo, “Quimby” era passato a valutare l’inerzia dell’arto superiore destro a supporto d’arma, così ora l’alter brandiva a una sola mano il cannoncino tattico da due pollici e un quarto, puntandolo di scatto in varie direzioni, ritraendolo e brandeggiando da un lato all’altro a velocità variabile. Quando la serie di movimenti iniziò a comprendere anche la rotazione del busto, che coinvolgeva la cabina di pilotaggio al proprio interno, Kreb Korbo si riscosse dai propri pensieri e disse a se stesso che era il momento di prendere una decisione. Mentre il programma di auto-diagnostica terminava la sequenza dei test e l’alter tornava del tutto operativo, Kreb lo fece avanzare affiancandosi al mezzo di Zicander. In cuffia, la voce di Zic non si fece attendere.

– Bentornato capo. Dunque? Problemi?
– No, falso allarme.
– Meglio così.
– Già.
– Non mi domandi se ho visto qualcosa?
– Hai visto qualcosa?
– Certo! Un bel mucchio di nebbia!
– Hai sempre voglia di scherzare, tu, vero?
– In realtà no. E a dirla tutta, mi stavo chiedendo se avessi approfittato di questi ultimi minuti per riflettere sulla nostra situazione.

Kreb Korbo non fu sorpreso di scoprire che il suo compagno avesse intuito il vero motivo di quelle verifiche tecniche. Zic era il più scaltro figlio di buona donna in circolazione. Non per nulla l’aveva scelto nella propria squadra.

– Sì, ci ho riflettuto – rispose. – E credo tu abbia ragione.
– Ma non mi dire.
– Meno sarcasmo, grazie. Dicevo, restare qui non serve a nulla. Abbiamo l’ordine di osservare e riferire, ma tra poco non avremo più alcuna visibilità. Se il comandante ha ragione, è possibile che in questo momento il cratere davanti a noi pulluli di truppe da sbarco nemiche. Con rilevatori funzionanti, a differenza nostra, il che ci renderebbe dei bersagli facili.
– Lieto che ti sia deciso a capirlo. Quindi ci ritiriamo?
– Sì.
– Evviva.
– Ma non tutti e quattro insieme. Procediamo a coppie, una ripiega, l’altra copre le spalle.
– Chi va per primo?
– I due fanciulli. Ora li chiamo.

Kreb Korbo orientò la testa del suo mezzo verso i propri compagni, all’altro lato della gola che si apriva sul cratere sottostante, e lampeggiò loro di avvicinarsi. Anche se quel breve utilizzo del segnalatore ottico poteva consentire a qualche forza ostile e nascosta di individuarli, aveva scelto di correre il rischio. Oramai non vedeva l’ora di togliersi da lì. Si stava facendo buio in fretta, e riteneva più imprudente continuare a rimanere fermi in quella posizione.
Quando già iniziava a pensare che i “fanciulli” non avessero notato il segnale, e valutava se ripeterlo esponendosi di nuovo alla possibilità di farsi scoprire, i due alter emersero dalla nebbia all’improvviso, a pochi passi dal suo fianco sinistro, senza che li avesse visti muoversi. Strinse l’inquadratura del visore sul punto in cui fino a poco prima era convinto di scorgere le loro sagome, e si rese conto (lo intuì, più che vederlo) che si trattava solo di chiazze della parete rocciosa. Una sottile sensazione di panico prese a serpeggiargli su dallo stomaco. Anche con le ottiche al massimo, non era più possibile distinguere nulla entro una distanza di sicurezza accettabile.
Si era deciso troppo tardi.

Sforzandosi di mantenere il controllo dei nervi, Kreb Korbo si rivolse ai due giovani piloti in attesa di ordini e disse loro di risalire la gola il più in fretta possibile, fino a un punto in cui la visibilità fosse sufficiente, in caso di avvistamento, per dare l’allarme e ripiegare in tempo utile. Dopodiché, uno dei due sarebbe rimasto di vedetta, mentre l’altro sarebbe tornato a richiamare lui e Zic.

Non appena furono di nuovo soli, Zicander si fece risentire.

– Noi che si fa? Restiamo qui fino a che uno di loro non ritorna?
– No. Gli diamo qualche minuto di vantaggio, poi iniziamo a indietreggiare. Fronte al cratere.
– Ricevuto. Sai che pensavo?
– Dimmi.
– Anche ammesso che il comandante abbia ragione, non è detto che il nemico abbia scelto proprio quest’area come zona di atterraggio.
– No, certo.
– Ma ammettiamo invece che l’abbia fatto.
– Ammettiamolo. Dove vuoi arrivare?
– E se da un momento all’altro ci trovassimo faccia a faccia con un battaglione imperiale?
– Che domande. Combatteremmo fino alla morte.
– Nostra o loro? – E come se avesse posto un quesito esilarante, Zicander scoppiò in una risata.
Kreb non rispose, non era necessario. L’eventualità era fin troppo chiara.
Ma poiché l’altro continuava a ridacchiare e sembrava non riuscisse a smettere, si ritrovò a propria volta a ridere fra sé.

Kreb Korbo stava ancora ridendo nell’istante in cui passò alla storia, vaporizzato da una scarica di plasma.
Pochi minuti dopo, un’intera falange di alter imperiali dalle armature argentee (tranne una dipinta di rosso, in testa alla colonna) emerse dal bordo del cratere e iniziò a risalire la gola, sfilando accanto alle carcasse fumanti dei due mezzi federali. La guerra tra l’Impero Arden e la Quarta Repubblica era cominciata.

Krebanian Korbo detto Kreb, ufficiale pilota di prima classe della fanteria corazzata federale, fu il primo caduto del conflitto, e come tale venne ricordato fin dalle cronache più immediate.
Robari Zicander detto Zic, sottufficiale pilota di prima classe, incontrò analogo destino appena mezzo passo più tardi, ma domandare di lui sarebbe quasi certamente vano. In questo, come in molti altri aspetti della vita, nessuno ricorda mai chi è arrivato secondo.

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(°) Nell’ordinario, il click è un’unità di misura statunitense utilizzata in ambito militare, che corrisponde alla distanza di 1000 metri, ovvero 1 km. Nell’universo di Hazen Mavi, invece, il click corrisponde al passo di un alter di seconda generazione di proporzioni standard (18 metri di altezza), che si può approssimare in 6 metri lineari terrestri. In questo caso i termini passo e click sono sinonimi, e 50 click corrispondono dunque a 300 metri. Oppure a 50 passi del suddetto alter. [NdA]

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Nell’immagine in alto, diffusa dalla NASA e riportata da link2universe.net in questo post, un tramonto su Marte fotografato dal rover Curiosity